E’ il paese dell’olio e dei Principi di Bisanzio. Posto a pochi Km dalla rinomata località turistica di Acciaroli, questo borgo fa parte del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano. È composto da tre località, Casalsoprano, Casalsottano e Marina di Mezzatorre. I primi due si trovano rispettivamente nella parte alta e bassa e hanno la forma degli antichi borghi del Cilento. La Chiesa Madre risale al XII secolo, altrettanto antichi sono i manoscritti e altri reperti rinvenuti in zona, oggi conservati nel Museo Elusa. Marina di Mezzatorre invece, è una famosa località balneare caratterizzata da spiagge attrezzate, bagnate da un bellissimo mare turchese.
Il territorio circostante San Mauro Cilento è caratterizzato da antichi mulini ad acqua, da sentieri immersi nella macchia mediterranea e da uliveti. Il caratteristico centro storico offre dei panorami meravigliosi sul mare. Ogni anno si tiene la “Festa degli antichi sapori”, un caratteristico momento conviviale in cui è possibile degustare specialità della zona a base di carciofi, pancetta e fave. Molto rinomati anche i fichi bianchi.
Sull'origine del villaggio si dilunga l'Antonini, il quale crede che la parte più antica dell'abitato (casavietri, case vecchie) sia da ubicare nei pressi della chiesa parrocchiale. Anzi proprio in questa chiesa e nella parte superiore delle due piccole navate, l’Antonini scrive di aver visto le porte delle celle dei frati del locale monastero, mentre nell'edicola di Santa Sofia della Congregazione di S. Maria dei Sette Dolori, avrebbe visto iscrizioni greche e latine. Dice anche che in «alcune antiche carte rilevasi aver un tal luogo ne' primi tempi anche il nome di Sirignano».
Il nipote dell'Antonini, il grecista Mazzarella Farao che curò la seconda edizione de “La Lucania”, annotò che il villaggio, denominato dapprima Sirignano (luogo boscoso, acquoso; S. Mauro, dall'omonimo abate benedettino), doveva esistere prima della distruzione di Petilia, la capitale della Lucania che l'Antonini aveva ubicato sulla cima del monte Stella.
Oltre agli insediamenti di Sorrentini, lo Ratto, Valloncelia, Serra, Casal Sottano e Casal Soprano, che il Mazziotti afferma esistere ancora ai suoi tempi, l'Antonini scrive di aver visto anche «rozzi sassi e piccoli ruderi» di Sammati, la Croce e la Palmenta, ai quali il Mazziotti aggiunge Quarrata e Stabiano. L'Antonini segnala ancora il feudo di Cerzagallara di cui, ai suoi tempi, c’erano solo le rovine di un convento di carmelitani.
Il feudo, poi diventato feudo rustico, era stato donato dai principi di Salerno a Nicola Salorso, designato nel diploma «nobilis juvenis» per avere ben servito da paggio. Ivi ai suoi tempi, continua l'Antonini, era la confraternita di S. Maria dei Sette Dolori in «un tempietto» (rovine) detto di S. Sofia, per cui, egli assume, la probabile origine greca del luogo detto Sirignano. Il documento più antico che informa dell'esistenza del villaggio è una donazione del 1092 di Pietro, figlio del fu Alferio, e Giovanni, figlio del fu Pando, «qui sumus abitantes de sancto mauro». I due sammauresi, «qui sumus thios et nepotes», volendo vestire l'abito monastico nel monastero di Sant'Arcangelo, alla presenza del vice-conte Giovanni, del giudice Lando «et aliorum plurimis honorum hominum», offrirono a quel monastero un terreno alberato che possedevano ad Ancilia Dei. Dal novembre dello stesso anno 1092 è una vendita redatta a S. Lucia, nella quale uno dei testimoni sottoscrive dichiarando di essere «de sancto mauro». Dal verbale di un giudicato, emesso nel luglio 1110 dal giudice Maraldo nella chiesa di Sant'Arcangelo di Perdifumo, si apprende della presenza, nel corso del processo, del grande abate Pietro di Cava, dell'arcipresbitero Grimoaldo, figlio del fu presbitero Desideo, di Omignano, del presbitero Desideo, figlio del fu Stefano, di Sessa, del vice-conte Stefano, figlio del fu Orso, «de loco sancti mauri», di Orso, figlio del fu Marangi e di Lando, figlio di Addaddo, ambedue di Copersito. Tra i fidejussori,anche «petrum de sancti mauri», figlio del fu Radoaldo di Vatolla.
Nell'ottobre del 1113, Troisio di Montemiletto, per ringraziare i monaci e l'abate Pietro di Cava che avevano pregato per lui e per i suoi, donò alla Badia un imprecisato numero di famiglie a lui soggette che vivevano «apud cilentum», e propriamente nella marina di Cilento, a S. Mauro e a Fiumicello.
Nel 1172, Goffredo di Corbella, figlio del fu Ruggiero, e la moglie Fenizia, vendettero all'abate cavense Benincasa nove feudi nel distretto di Cilento e lungo la sua marina per 16 once d'oro e 800 tarì salernitani. Tra essi il feudo rustico di Orso Gattto «in loco S. Mauri».
Ai tempi di Federico II il villaggio era tenuto ai restauri del castello di Sicignano. Nei Registri Angioini il villaggio è sempre designato come casale di Santo Mauro. Esso subì danni notevoli durante la guerra angioino-aragonese, come si legge nella richiesta di riduzioni fiscali ottenuta con provisione del 27 novembre 1304. Nel 1367 era ancora in possesso della Badia, come lo era fino al 1410, quando la metà che spettava alla Badia passò a re Ladislao. L'altra metà dovette essere conservata dai Sanseverino fino alla ribellione di Antonello. Certo è che re Ferrante concesse il feudo a Giovannatonio Poderico al quale fu tolto quando Ferdinando il Cattolico lo restituì a Roberto Sanseverino, figlio di Antonello. Roberto investì del feudo di S. Mauro Bernardino Griso, il quale ne vendette una parte al giurista Gian Cola de Vicariis «con il banco di giustizia et jurisditione civile, bagliva e redditi per ducati 200», vendita approvata dal principe di Salerno il 25 settembre 1519. Altre parti furono ancora vendute dal Griso al de Vicariis. Costui vendette il feudo a Fabrizio Poderico, dal quale passò alla figlia Maria che alienò S. Mauro e S. Teodoro, per debiti del padre, barone di Celso, ad Antonio Griso.
Nel 1597 Antonio e G. Battista Griso vendettero il feudo, con Cannicchio per d. 21.000 all'avo del vescovo Corcione, dal quale passò al figlio Rinaldo che nel 1620 vendette libere le terre di S. Mauro, Cannicchio e Marina di Lazzaruolo (Acciaroli) per d. 7000, a Ippolita Carbone, marchesa di Padula. Nel 1656 acquistò il feudo, con Ortodonico e Cosentini, Pompilio Gagliani di Amalfi, il quale nel 1644 aveva sposato Costanza del Giudice. I Gagliano nel 1687 ottennero sul feudo il titolo di marchese.
Nel 1722, però, un altro Pompilio Gagliano vendette il feudo per d. 40.000 a Tommaso Spada, presidente della Regia Camera della Sommaria e marchese di S. Giovanni a Frosolone nel Molise.
A Tommaso successero i figliuoli Gennaro e Vincenzo, i quali nel 1745 concessero S. Mauro, con i villaggi di Sorrentini, Ratto, Valloncella e Casal Soprano e Sottano alla sorella Giovanna, marchesa di S. Giovanni a Frosolone, che sposò G. Battista Piccirilli. Il figliuolo di costoro, Giuseppe, marchese di S. Mauro e di S. Giovanni a Frosolone, nel 1777 rinunciò a S. Mauro a favore del fratello secondogenito Gennaro Maria. Nel 1802 i marchesi Tommaso, Giuseppe, Teresa, Mariana e Mariangela Piccirilli vendettero il feudo composto da cinque casali a Francesco Vetere il quale, come si apprende dal Cedolario, ne ottenne l’intestazione il 5 novembre 1802. Da Francesco, presidente della Regia Camera della Sommaria, il feudo passò al figlio Nicola (n. 15 luglio 1791), padre di Francesco (n. 20 dicembre 1832), il quale, dalla moglie Laura Caracciolo di Capriglia, ebbe Nicola (n. 26 agosto 1864). Costui, con il genitore, fu ascritto all'Elenco dei Nobili e Titolati della Regione con il titolo di nobile e il predicato di S. Mauro.
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